Il
G-2 sinoamericano è una sconfitta per l’Occidente
Di
Carlo Pelanda (29-7-2009)
Non è ancora
chiaro se sia stata l’America a voler compiacere la Cina
o la seconda a ricattare la prima. Ma il fatto è che
la forma, più che la sostanza, del summit G-2 sinoamericano legittima Pechino
come potenza mondiale emersa. Tra i due lo scambio è il seguente: la Cina
aiuta l’America ad uscire dalla crisi e la seconda concede alla prima lo status
di co-governatore del pianeta. E’ un grande successo
geopolitico per la Cina
che lo persegue da tempo. Ma è una sconfitta storica
per l’Europa, terza esclusa. E rischia di esserlo anche per l’America nel
futuro perché la
Cina farà presto a passare al primo posto. In
particolare, vengono i brividi a vedere nel ruolo di potere primario globale una Cina che adotta il modello di “capitalismo
autoritario”, una moneta non convertibile, una politica mista tra massimi
dirigismo ed anarchismo che la rende
sistema disordinato e instabile sul piano interno, con la complicazione di un
nazionalismo estremo e diffuso. Per capirci, vi fidereste di una moneta cinese
internazionalizzata vulnerabile ad una guerra civile scatenata per la
successione non regolata democraticamente nella leadership
del Partito comunista cinese? Io no. Bisogna essere incoscienti per
concedere ad una ciofeca nazistoide del genere tanto potere. Potremo rimediare?
Fino a che
l’Amministrazione Obama resta al potere sarà difficile. Adotta, infatti, il
“realismo pragmatico”: preferire un vantaggio a breve infischiandosene delle
conseguenze a lungo. La Cina gli serve per accelerare la
ripresa in casa, per coprire il ritiro statunitense da mezzo pianeta facendolo
sembrare una vittoria, allo scopo di essere rieletto nel 2012. Per questo paga
Pechino con futuro in cambio di presente. E Pechino
furba paga volentieri. Il “realismo strategico”, invece, preferisce
prendere un rischio nel presente per evitarne uno peggiore nel futuro. Per
esempio, McCain aveva proposto una Lega delle democrazie che contenesse
l’influenza mondiale delle potenze autoritarie emergenti grazie ad una forza
sufficiente per condizionarle. La “questione cinese” è da tempo un terreno di
scontro tra i propugnatori dei due realismi. Ma il
parziale fallimento di quello strategico adottato, in generale, da Bush ha
favorito quello pragmatico sia sul piano del consenso sia nei club degli
strateghi. E’ finita? L’abbandono di Israele e la
compiacenza Ahmadinejad lo fanno temere. Ma la Clinton ha promosso
un’alleanza militare con la democrazia indiana per il contenimento della Cina. Quindi l’obamite – una sindrome che porta a
svendere la madre –
non ha ancora contagiato del tutto Washington. E ci
sono altri segni. Ma, obamite a parte, resta il fatto di un’America nei guai che ha bisogno di
sostegno. Se non glielo fornisce l’Europa deve chiederlo alla
Cina. Dobbiamo capire che il problema principale è un’Europa incapace di
offrire all’America un G-2 capace di governare il mondo diffondendo il
capitalismo democratico e la stabilità che ne deriva. Questo dobbiamo risolverlo
noi.
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